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IL METODO DI INDAGINE DI SHERLOCK

di Chiara Spalletta VD

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Oltre che materia di interesse letterario, i racconti e i romanzi del ciclo di Sherlock Holmes sono stati oggetto di attenzione da parte di studiosi delle più svariate discipline scientifiche: criminologia, logica, epistemologia, economia, psicologia, sociologia. Alla base del metodo investigativo di Holmes c’è una certa differenza tra l’osservazione dei particolari e la deduzione. Si tratta di due aspetti distinti, poiché l’osservazione porta ad alcune conclusioni preliminari, ma solo con la conoscenza di determinati aspetti che emergono nel corso dell’indagine si possono trarre delle deduzioni definitive. Questo metodo logico-scientifico deriva direttamente da quello del dottor Joseph Bell, insegnante del creatore di Holmes, sir Arthur Conan Doyle, che nella diagnosi medica propugnava prima l’attenta osservazione dei dettagli, poi la conclusione basata sulla raccolta di prove inoppugnabili.

Nel metodo di Holmes è inoltre fondamentale la raccolta sul campo delle prove e degli indizi, cosa che lo differenzia nettamente dal fratello Mycroft, comparso per la prima volta nel racconto L’interprete greco, in grado di risolvere, lui sì, un’indagine senza mai muoversi dalla sua casa. Sherlock afferma che le capacità deduttive del fratello sono addirittura superiori alle sue, ma che Mycroft non le impiega a causa della sua pigrizia (non si sposta mai più di poche centinaia di metri da casa).

Infine, per il grande investigatore, guardare e osservare sono due attività nettamente distinte: nella prima possono eccellere tutti, in quanto non richiede alcuna capacità particolare. Osservare, invece, richiede l’abilità di saper cogliere i particolari e può essere affinata solo con l’abitudine e l’esercizio.

Il romanzo giallo si divide fondamentalmente in due rami: l’hard boiled e la detection; nella seconda sono fondamentali caratteristiche dell’investigatore la logica, la capacità di osservazione e di analisi psicologica, la conoscenza profonda delle debolezze umane, attraverso cui è in grado di avanzare nelle sue indagine senza incappare in errori dovuti alla propria negligenza. L’investigatore giunge alla soluzione attraverso un lento e complesso schema di deduzioni, basate sugli indizi seminati dal colpevole.​

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Nelle prime fasi di un’indagine, dopo aver analizzato la scena del crimine o dopo aver acquisito le informazioni disponibili sull’atto criminale, l’investigatore inizia a creare ipotesi per contestualizzare il reato e i suoi possibili moventi. È la fase percettiva delle indagini che può essere affrontata attraverso i metodi logico-intuitivi che si utilizzano non solo nell’ambito delle investigazioni.I metodi logico-investigativi aiutano l’investigatore a dare un senso a tutti gli indizi lasciati sulla scena del crimine, connettendoli coerentemente per identificare il criminale (o i criminali).

Le tecniche logico investigative sono approcci logici che utilizziamo ogni giorno per comprendere la realtà che ci circonda e che erano già state individuati da Aristotele:

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  • Deduzione – Dal generale al particolare. Si parte da una visione generica e si procede alla definizione della dinamica criminale attraverso l’acquisizione degli elementi specifici di prova.

  • Induzione – Dal particolare al generale. Attraverso l’acquisizione di prove e indizi specifici, si arriva al contesto generale dell’atto criminoso.

  • Abduzione – Dal generale empiricamente confermato al probabile. La tecnica logica più soggetta a errori ma, come suggerito da Charles Sanders Peirce, è anche il tipo di approccio che ci permette maggiormente di ampliare il sapere. Un metodo investigativo particolarmente utile per aprire nuove piste durante un’indagine finita in un vicolo cieco.

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