
METHODS OF INVESTIGATION
– The human mind and the machine –
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Multidisciplinary project of English, History and Computer Science. A cura della V D del Liceo Scientifico E.Torricelli di Roma 2016/2017
RAPPORTO SHERLOCK-MORIARTY
di Violeta Sisianu VD
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Gratitude is meaningless. It is only the expectation of further favours.
La gratitudine è priva di significato. È solo l'aspettativa di ulteriori vantaggi.
Moriarty fa la sua comparsa, anche se in realtà la persona del professore appare pochissime volte se non per bocca di Holmes, nel racconto “Il problema finale”, ultima parte della raccolta “Le memorie di Sherlock Holmes”, ed è da sempre considerato come l’acerrimo nemico, l’avversario per antonomasia del detective di Baker Street. È presentato come un geniale professore di matematica, altissimo e magro, con la fronte spaziosa e gli occhi profondamente infossati nelle orbite. Ben sbarbato, pallido, ascetico, conserva apparenze professorali ed ha le spalle incurvate per i lunghi studi. La testa gli oscilla di continuo con un moto lento che ricorda quello di un rettile. È di buona nascita e di eccellente educazione. Dotato di una fenomenale mente matematica, a ventun anni ha scritto un apprezzato trattato sul teorema binomiale, ha ottenuto una cattedra in una modesta università inglese, da cui si è poi dimesso, in seguito a voci sfavorevoli, per essere assunto alla scuola di guerra.
L’analisi inizia inevitabilmente dal personaggio principale, Mr. Sherlock Holmes, (Benedict Cumberbatch). L’investigatore privato non è a suo agio con il mondo: potremmo generalmente dire che la presenza degli altri sia nella maggior parte dei casi un intralcio, tranne in due casi; il dottor Watson e Moriarty, la sua nemesi. Nello specifico, con il criminale si è col tempo creato un particolare rapporto di odio, ma fermarsi a questo sentimento è decisamente riduttivo. In generale, potremmo definire Sherlock clinicamente un sociopatico, incapace di riconoscere sentimenti altrui e di conseguenza incapace di rispettarli; tuttavia, la sua incredibile intelligenza e vivacità intellettuale gli permette di porre se stesso, con tutti i problemi e difetti che ciò implica, a disposizione della comunità a fin di bene.
Infatti, nonostante egli adori il fatto che si creano crimini e che ci siano enigmi da risolvere, vuole e opera sempre per salvare vite, non per distruggerle. Questo è uno dei principali motivi per cui Sherlock ha bisogno di Moriarty: la complessità del loro rapporto sta proprio nella necessità di essere nemesi e elementi integratori allo stesso tempo, perchè la mente di Moriarty è l’unica che può stimolare realmente quella di Sherlock. La nemesi del protagonista non ha semplicemente bisogno di Sherlock: ne è ossessionato. Moriarty (Andrew Scott) è, considerato il suo influente ruolo nella società, non un sociopatico, quanto più uno psicopatico.

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Egli non concepisce l’idea di bene, nè tantomeno riesce a distinguere le sue fantasie dalla realtà; la grande fiducia in se stesso gli permette di applicare, a vantaggio del male, la sua brillante e incredibile mente. Come inscena la sua morte è un esempio lampante, tenendo conto del modo attraverso cui inscena il “ritorno”. La teatralità è, come per Sherlock, un elemento indispensabile nelle sue azioni; e proprio quando queste azioni riguardano Sherlock, Moriarty dà il meglio di sé. Ma oltre ad essere ossessionato da Sherlock e dalla sua rivalità con Sherlock, si può ricavare altro? Effettivamente sì. La particolarità di questo rapporto fra Sherlock e la sua nemesi è proprio il grande miscuglio di sentimenti e sensazioni che i due personaggi, veicolati dalla bravura dei due attori, riescono a trasmettere all’esterno. L’odio senza dubbio è un elemento presente, ma ridurre tutto a questo sarebbe banale e superficiale; accanto all’odio, in un ruolo di bilanciamento, sembra porsi un inconscio rispetto reciproco: infatti, anche se più Sherlock di Moriarty, spesso viene ammesso da entrambi questo sentimento di riconoscenza dell’intelligenza altrui, che è il motivo per cui nessuno dei due vuole chiudere con troppa celerità la “relazione”. Ma non è tutto; al rispetto si aggiunge il disprezzo (sentimento probabilmente più di Sherlock che di Moriarty) per le azioni dell’altro e infine la curiosità: quello che si crea con odio, rispetto, disprezzo e curiosità è un mix che bilancia un rapporto tra nemici e che lo rende meno scontato o prevedibile di qualsiasi altro fra protagonista e antagonista. Una cosa che è certa è che l’ossessione di Moriarty per la sua nemesi gli permette di conoscerlo veramente nel dettaglio: le sue paure, i suoi affetti, è l’unico in grado di minacciarli perchè è l’unico che sa dove colpire, persino più di Watson. L’esperienza onirica dell’episodio speciale è l’esemplificazione più alta della relazione: c’è tutto. E c’è anche il desiderio di Sherlock: l’essere affascinato dalla personalità di Moriarty non gli impedisce di mantenere fisso l’obiettivo di eliminarlo, o meglio, sconfiggerlo. Moriarty invece, dimostra di essere più attaccato al rapporto stesso rispetto ai suoi obiettivi (da qui l’intuitiva psicopatia).